DSM 5 e PDM 2. Differenze nella visione delle malattie mentali

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    Il DSM 5 non è l’unico manuale che classifica i disturbi mentali. I clinici psicodinamici privilegiano spesso nel lavoro terapeutico il PDM 2, Manuale Diagnostico Psicodinamico.

    otto kernberg e il modello dimensionale della personalita
    Otto Friedmann Kernberg

    Otto Friedmann Kernberg Psichiatra e Psicoanalista di fama internazionale, ha definito il PDM-2 :

    “il più sofisticato sistema diagnostico attualmente disponibile”

    E’ stato curato dall’American Psychoanalitic Association e ci offre un quadro completo della personalità sia degli adulti che dei bambini e degli adolescenti.

    Si basa su un approccio non categoriale e offre riflessioni di natura psicodinamica, determinanti per la comprensione del quadro clinico del paziente e per la strutturazione di un progetto terapeutico.

    Se il DSM è una tassonomia di disturbi, il PDM 2 può essere pensato come una tassonomia di persone. Il PDM 2 sottolinea l’importanza di considerare chi è quella persona,invece di che cosa ha quella persona.

    Dare un senso alla diagnosi è l’obiettivo fondamentale del manuale diagnostico psicodinamico PDM 2.

    La diagnosi deve contenere sia ciò che rende unico l’individuo sia ciò che lo rende simile ad altri individui.  

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    Karl Jaspers

    Chiedendosi “che cosa diagnostichiamo”, Karl Jaspers (1913) affermava che ogni disturbo psichico “corrisponde nel suo modo di manifestarsi al livello psichico dell’individuo che ne è colpito”.
    Al tempo stesso sottolineava che «tutti i sistemi diagnostici devono restare
    un tormento” per i clinici e i ricercatori»

    Senza gli aspetti dinamici, relazionali e intersoggettivi della diagnosi, il processo diagnostico perde di senso e rischia di diventare una routine.

    Questo rischio non solo mina l’identità professionale dei clinici, ma affievolisce e distorce la loro capacità di descrivere e cogliere le più salienti caratteristiche del funzionamento mentale di un paziente, mettendo a repentaglio anche la relazione terapeutica. 

    Il PDM-2 è un manuale diagnostico per una psicoterapia dove, finalmente,  la parola d’ordine è “sensibilità”.

    anche se il futuro riplasmerà o modificherà questo o quel risultato delle sue ricerche, mai più potranno essere messi a tacere gli interrogativi che Sigmund Freud ha posto all’umanità; le sue scoperte scientifiche non si possono né negare, né occultare (…) e se mai alcuna impresa della nostra specie umana rimarrà indimenticabile, questa sarà proprio l’impresa di Sigmund Freud

    (Thomas Mann) […]
    psicoterapia

    “Noi non vogliamo semplicemente descrivere e classificare i fenomeni, ma concepirli come indizi di un gioco di forze che si svolge nella psiche, come l’espressione di tendenze orientate verso un fine, che operano insieme o l’una contro l’altra. Ciò che ci sforziamo di raggiungere è una concezione dinamica dei fenomeni psichici”

    S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi

    L’interesse della psicoanalisi è andare oltre per comprendere la dinamicità del sintomo e delle sue determinanti. L’interesse di Freud era quello di comprendere la persona che porta il sintomo,  costruire  un senso della sofferenza e le sue possibili cause.

    Il significato del sintomo, , il significato che assume per il paziente, le ragioni inconsce, per cui soffre attraverso quei suoi sintomi, spesso incomprensibili e non riconducibili ad un “perché” secondo la logica diagnostica che esalta ciò che ha un paziente e non cosa è per quel paziente quel determinato sintomo.

    DSM-5

    La Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, o DSM-5, è un manuale usato dai professionisti della salute mentale per classificare e diagnosticare le malattie mentali. È pubblicato dall’American Psychiatric Association e rappresenta una raccolta di criteri standard con cui definire i disturbi mentali. La sua ultima edizione è il DSM-5-TR.

    La Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders può essere considerata come uno strumento per la diagnosi dei disturbi mentali. Il manuale contiene un elenco di sintomi associati a diversi disturbi mentali e fornisce linee guida per la diagnosi e il trattamento.

    Il manuale è diviso in categorie che includono disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi somatoformi, disturbi della personalità, disturbi relazionali e dello sviluppo, schizofrenia e altri disturbi psicotici, altri disturbi mentali organiche e non organiche.

    Ognuna di queste categorie include un elenco di criteri necessari per diagnosticare una malattia mentale specifica.

    Ad esempio, il Disturbo d’Ansia Generalizzato richiede almeno sei mesi di preoccupazioni persistentemente elevate; il Disturbo Depressivo Maggiore richiede almeno cinque sintomi presenti contemporaneamente per almeno due settimane; mentre il Disturbo Borderline di Personalità richiede almeno cinque della nove caratteristiche descritte nel manuale.

    In sintesi, la Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders è un manuale che fornisce una classificazione e diagnosi standardizzate per le malattie mentali. È stato sviluppato dall’American Psychiatric Association ed è utilizzato da professionisti della salute mentale per diagnosticare i loro pazienti. Fornisce un elenco di sintomi associati a diversi disturbi mentali e offre linee guida per il trattamento.

    Che cosa è il DSM 5?

    Il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) è un manuale clinico utilizzato dagli operatori sanitari per diagnosticare e classificare i disturbi mentali. È stato pubblicato nel 2013 dall’American Psychiatric Association (APA) ed è la quinta edizione del manuale, sostituendo il DSM-IV-TR.

    Il DSM-5-TR. è l’ultima versione pubblicata

    Il DSM-5-TR. contiene informazioni su una vasta gamma di condizioni psichiatriche, compresi i disturbi dell’umore, dell’ansia, della personalità, dello sviluppo e della schizofrenia.

    Il manuale contiene anche informazioni su sintomi e criteri diagnostici specificati per categorie diagnostiche come il disturbo da stress post-traumatico, la depressione maggiore e l’abuso di droghe.

    In conclusione, il DSM-5 è uno strumento diagnostico che aiuta gli operatori sanitari nella formulazione di diagnosi della persona con disturbo mentale.

    Che significa DSM 5?

    Il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinto volume) è un manuale pubblicato dall’American Psychiatric Association per descrivere e definire i disturbi mentali.

    Il DSM-5 è una classificazione di carattere clinico che fornisce a medici, psichiatri, psicologi e altri professionisti della salute mentale un sistema comune per la diagnosi e il trattamento dei disturbi mentali.

    Il DSM-5 contiene informazioni dettagliate su ogni disturbo mentale, incluso il quadro clinico, i criteri diagnostici, le possibili cause, le opzioni di trattamento e altro ancora.

    Cosa contiene il DSM 5?

    Il DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è una classificazione dei disturbi mentali pubblicata dall’American Psychiatric Association. Il DSM è uno strumento clinico che descrive i criteri diagnostici per tutti i disturbi mentali riconosciuti dalla comunità medica. Il DSM 5 è la quinta edizione, pubblicata nel 2013, e comprende più di 500 condizioni di salute mentale.

    Il contenuto del DSM 5 è organizzato in categorie che includono disturbi psicotici, disturbi dell’umore, disordini d’ansia, sindromi somatoforme, disordini alimentari, disordini da abuso di sostanze, disordini dissociativi e psicopatologia associata a sviluppo o condizionamento sociale.

    Ognuna di queste categorie contiene più disturbi specificati con un elenco dettagliato di sintomi e orientamento diagnostico.

    Manuale diagnostico PDM 2

    PDM-2

    Come nasce il manuale PDM?

    Il manuale psicodiagnostico psicodinamico PDM-2 è il risultato dei contributi di diverse associazioni psicoanalitiche americane:

    Il PDM-2 propone una descrizione sistematica del funzionamento della personalità sano e patologico, delle capacità mentali (che includono i pattern di relazione con gli altri, la comprensione e l’espressione degli stati d’animo, la capacità di fronteggiare ansia e stress, di regolare gli impulsi, di osservare le proprie emozioni e i propri comportamenti), e dei pattern sintomatologici , comprendente sia l’esperienza soggettiva dei sintomi sia le diverse possibili risposte emotive del clinico.

    Anche se il DSM e l’ICD presentano diversi vantaggi, spesso non sono in grado di soddisfare le esigenze dei clinici.

    È per questo che il PDM-2 può aggiungere una prospettiva fondamentale, consentendo ai clinici di descrivere e categorizzare, rispettando la specificità dei singoli pazienti, gli stili di personalità, le capacità sociali ed emotive, il profilo del funzionamento mentale e l’esperienza soggettiva dei sintomi.

    Mettendo in luce l’intero spettro del funzionamento psichico, il PDM-2 si propone come una “tassonomia di persone” piuttosto che come una tassonomia di disturbi”, evidenziando l’importanza di considerare chi è quella persona e non solo che cosa ha quella persona.

    Diversi ricercatori sono giunti alla conclusione che la natura della relazione terapeutica, in quanto contenitore di aspetti mentali e cerebrali interconnessi e operanti in un contesto interpersonale, è in grado di predire l’outcome in modo più solido di quanto si possa fare basandosi su uno specifico approccio terapeutico o sua una specifica tecnica di intervento.

    I trattamenti rivolti ai singoli sintomi o comportamenti specifici (piuttosto che alla personalità nel suo complesso, a dinamiche legate alle emozioni e ai pattern interpersonali) non sono efficaci dal punto di vista del mantenimento nel tempo dei cambiamenti terapeutici.

    Salute mentale e disturbi mentali

    Una classificazione dei disturbi mentali clinicamente utile deve partire dal concetto di salute mentale.
    La salute mentale è molto più di una mera assenza di sintomi: come un funzionamento cardiaco non può essere definito con la semplice assenza di angina pectoris, anche un funzionamento mentale sano è qualcosa di più dell’assenza di sintomi psicopatologici osservabili.

    Descrivere i deficit che caratterizzano la salute mentale implica, quindi, prendere in considerazione una moltitudine di capacità mentali, incluse quelle che apparentemente non sembrano funzionare in modo problematico.

    Nonostante il concetto di salute sia fondamentale per definire un disturbo, spesso gli strumenti diagnostici comunemente in uso non lo tengono in considerazione.

    Troppo spesso i problemi psicologici sono stati definiti principalmente in base ai sintomi e ai comportamenti, relegano in secondo piano il funzionamento complessivo della personalità e l’adattamento sociale del paziente.

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    È tuttavia evidente che, per comprendere i sintomi, è necessario sapere qualcosa di più sulla persona che li ospita e aver chiaro che tanto la salute mentale quanto la psicopatologia implicano la presenza di molte sfumature del funzionamento umano (per esempio, l’espressione, la regolazione e la tolleranza degli affetti, le strategie di coping e le difese, la capacità di comprendere se stessi e gli altri, la qualità delle relazioni).

    Nel DSM e nell’ICD, l’individuo nella sua totalità passa un po’ in secondo piano rispetto al costrutto del disturbo attorno a cui i ricercatori hanno trovato un accordo.

    Dalle ricerche emerge che quando un terapeuta applica un trattamento manualizzato a specifici cluster di sintomi senza considerare l’individuo nel suo insieme e senza tenere conto della relazione terapeutica, corre il rischio di ottenere soltanto miglioramenti a breve termine con “tassi di remissione” elevati, senza però che le capacità psicologiche fondamentali mostrino un cambiamento a lungo termine.


    Le diagnosi PDM-2 sono “prototipiche”, cioè non sono basate sull’idea che una categoria diagnostica possa
    essere accuratamente descritta come una lista di sintomi (diagnosi “politetica”).

    Alcune sezioni del PDM-2 si riferiscono a categorie psicopatologiche usate nelle attuali tassonomie diagnostiche, ma, diversamente dal DSM e dell’ICD, il PDM-2 mette in luce l’esperienza interna di queste condizioni psicopatologiche.
    Il PDM-2 si propone di cogliere la Gestalt della complessità umana combinando la precisione dei sistemi
    dimensionali alla maneggevolezza delle formulazioni categoriali; inoltre, il PDM-2 si serve di un approccio multidimensionale al fine di delineare le caratteristiche del funzionamento globale di un paziente in vista di un suo invio al trattamento

    A cosa serve il Pdm 2

    Il PDM-2 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è un manuale di riferimento pubblicato dall’American Psychiatric Association (APA) che fornisce una guida per la classificazione dei disturbi mentali. Il PDM-2 è considerato lo standard di riferimento da utilizzare nella pratica clinica, nella ricerca e nell’insegnamento.

    Il manuale include una descrizione dettagliata di ogni disturbo mentale, comprese le cause, i sintomi, la diagnosi, le raccomandazioni per il trattamento e la prevenzione. Il PDM-2 è anche usato come strumento per aiutare gli operatori sanitari a diagnosticare correttamente i pazienti. Si basa su criteri clinici stabiliti attraverso un processo di revisione della letteratura scientifica e delle prove cliniche.

    Il PDM-2 fornisce agli operatori sanitari informazioni utili sul modo in cui identificare ed etichettare accuratamente i diversi disturbi mentali, in modo da garantire l’appropriata pianificazione del trattamento a cui dovrebbero essere sottoposti i pazienti.

    Pdm-2 diagnosi ed assi di valutazione

    SINDROMI DI PERSONALITÀ – ASSE P
    I principi su cui si basa l’Asse P sono il livello di organizzazione della personalità (lo spettro di funzionamento che va da un livello sano ad un livello psicotico, attraversando un livello nevrotico e un livello borderline) e lo stile o pattern di personalità (cioè tipologie clinicamente note che possono presentarsi a vari livelli di organizzazione).

    Nella Sezione Adulti, l’Asse P è illustrato per primo, in quanto i sintomi o i problemi del paziente vanno generalmente compresi, valutati e trattati nel contesto di una più ampia comprensione del funzionamento della sua personalità.

    PROFILO DEL FUNZIONAMENTO MENTALE – ASSE M
    Questo secondo asse offre una descrizione dettaglia del profilo del funzionamento mentale, prendendo in
    esame una serie di capacità che definiscono lo stato di salute psicologica di un individuo.

    • l’elaborazione delle informazioni
    • la regolazione degli impulsi
    • la capacità di riflettere sugli stati mentali propri ed altrui
    • la capacità di stabilire e mantenere relazioni
    • la regolazione dell’autostima
    • le strategie di coping e i meccanismi di difesa
    • l’adattamento e la resilienza
    • la formazione di standard morali
    • la capacità di dare senso e coerenza all’esperienza personale

    PATTERN SINTOMATOLOGICI: L’ESPERIENZA SOGGETTIVA – ASSE S
    A partire dalle principali categorie del DSM e dell’ICD, questa terza dimensione descrive gli stati affettivi, i
    processi cognitivi, le esperienze somatiche, le dinamiche relazionali a esse associati.
    L’Asse S presenta i pattern sintomatologici nei termini dell’esperienza che un individuo fa delle proprie difficoltà e anche delle più tipiche risposte soggettive che un clinico sperimenta di fronte a questi pattern.

    Infine, l’Asse S include anche la descrizione di esperienze psicologiche legate alla cultura, all’identità di genere, all’orientamento sessuale e a varie condizioni di minoranza che, in sé non patologiche, possono richiedere l’attenzione del clinico.

    L’ordine degli Assi varia a seconda della fascia di età: negli adulti la personalità è valutata prima del
    funzionamento mentale, mentre la valutazione di bambini, adolescenti e anziani prende le mosse dal loro
    funzionamento mentale.

    La ragione di tale discrepanza dipende dal fatto che nell’età adulta la personalità (Asse P) è considerata abbastanza stabile e richiede un focus clinico primario, mentre in adolescenti e bambini gli aspetti evolutivi (Asse M) hanno solitamente la precedenza sulla valutazione clinica degli stili emergenti di personalità. Più tardi nel ciclo di vita, l’adattamento ad alcune caratteristiche dell’età (anch’esse più considerate nell’asse M) può nuovamente essere più importante rispetto alla valutazione della personalità.


    Per quanto riguarda la prima infanzia (Sezione IV), l’approccio multiassiale differisce dagli altri approcci per gli aspetti specifici che caratterizzano i primi tre anni di vita. In particolare, questa Sezione prende in esame le capacità di sviluppo emotivo, la capacità di regolazione ed elaborazione sensoriale, i pattern e i disturbi
    relazionali e altre diagnosi mediche e neurologiche.

    PDM-2 e livelli di personalità

    l PDM distingue 3 livelli di personalità a cui sono associate tre livelli di gravità che vanno dalla personalità “sana” alla personalità seriamente disturbata:

    1. Personalità Sane: con assenza di disturbi della personalità
    2. Personalità nevrotiche, disturbo di Personalità Nevrotico, tipico di persone sane, che però tendono a reagire agli stress con una gamma limitata e spesso rigida di difese
    3. Personalità borderline, disturbi di Personalità Borderline, caratteristici di persone con difficoltà relazionali ricorrenti, incapacità di intimità emotiva, periodi di angoscia intensa e di grave depressione, vulnerabilità all’abuso di sostanze e ad elevato rischio autolesivo.

    Come si stabilisce il livello di gravità e quindi l’appartenenza ad uno dei tre assi precedenti?

    Per stabilire a quale di questi 3 livelli di gravità appartenga il paziente, occorre valutare le 7 dimensioni seguenti:

    • Identità, che consiste nella chiarezza delle caratteristiche che ciascuno attribuisce a se stessi e agli altri, risultato di un lavoro di definizione di Sé.
    • Relazioni oggettuali, dunque consiste nella dimensione sociale, costituita da relazioni stabili e soddisfacenti.
    • Tolleranza degli Affetti, cioè la capacità di provare un’ampia gamma di emozioni.
    • Regolazione degli Affetti, che risiede nella capacità di modulare le pulsioni, gestire le emozioni, per facilitare l’adattamento.
    • Integrazione tra Super-Io, Io Ideale e Io, che fornisce una struttura coerente ed equilibrata alla persona, senza conflitti irrisolti o angoscianti.
    • Esame di Realtà, che risiede nel possedere una percezione realistica di sé e dell’ambiente, senza allucinazioni, deliri o dispercezioni.
    • Forza dell’Io e Resilienza, che consiste nell’affrontare efficacemente gli stress senza lasciarsi prevaricare da essi.

    Classifica dei disturbi di personalità nel PDM 2

    Tra i 3 assi in cui è suddiviso il PDM, l’asse P prevede 15 disturbi di personalità:

    La classifica dei disturbi di personalità nel Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM-2) comprende 15 categorie di disturbo di personalità:

    • schizoidi 
    • paranoidi 
    • psicopatici 
    • narcisistici 
    • sadici e sadomasochistici 
    • masochistici 
    • depressivi 
    • somatizzanti 
    • dipendenti 
    • fobici 
    • ansiosi 
    • ossessivo – compulsivi 
    • isterici (istrionici) 
    • dissociativi 
    • misti/altro.

    Il disturbo schizoide è caratterizzato da una marcata mancanza di interesse per le interazioni sociali e da una tendenza a evitare la vicinanza emotiva con gli altri. Un individuo con questo disturbo spesso si comporta in modo distaccato e indifferente, mostrando poco interesse per l’amore o l’amicizia.

    Il disturbo paranoico è caratterizzato da una marcata sospettosità e diffidenza nei confronti degli altri. Gli individui affetti da questo disturbo possono essere estremamente preoccupati dall’idea che qualcuno possa sfruttarli o tradirli.

    Il disturbo dipendente è identificato dal bisogno di essere accuditi ed essere costantemente protetti da altri. Gli individui con questo disturbo sono generalmente incapaci di prendere decisioni da soli e dipendono fortemente dagli altri per la propria sopravvivenza emotiva.

    Il disturbo ossessivo-compulsivo è caratterizzato da pensieri ricorrenti e da rituali compulsivi. Gli individui con questo disturbo spesso si sentono obbligati a ripetere comportamenti specifici per limitare l’ansia provocata dai loro pensieri ricorrenti.

    Il disturbo ansioso è caratterizzato da un forte senso di insicurezza, timidezza e vergogna che portano l’individuo a evitare le interazioni sociali. Gli individui con questo disturbo possono anche sentirsi isolati e incapaci di relazionarsi con gli altri in modo adeguato.

    Il disturbo narcisista è caratterizzato da un senso di eccezionalità e grandiosità. Gli individui affetti da questo disturbo hanno una visione distorta della loro importanza e una forte necessità di ricevere ammirazione dagli altri.

    Il disturbo borderline è caratterizzato da un’instabilità emotiva, interpersonale e comportamentale. Gli individui affetti da questo disturbo possono avere difficoltà a gestire le loro emozioni e possono essere estremamente impulsivi ed emotivi.


     

    Massimo Franco
    Massimo Franco
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